Attenzione al
pluralismo e all’inculturazione della fede, in vista del superamento necessario
di ogni forma di eurocentrismo e di centralismo romano. Costante coniugazione
di realismo nella lettura dei problemi e delle sfide e di misericordia nelle
indicazioni per superarli. E un linguaggio concreto e colloquiale, ma anche evocativo
e poetico. Questi i tratti peculiari del testo secondo l’arcivescovo Bruno
Forte, già segretario speciale del Sinodo, che introducendo l’esortazione
apostolica, in e-book con l’Editrice La Scuola- la definisce frutto del libero
confronto fra i Padri e segnata – al contempo- dall’impronta personale del
papa: nello stile e nei temi, anche nuovi, privilegiati. E spiega:”Francesco è
il pastore da anni esercitato nel parlare di amore con amore alla gente bisognosa
di amare e di essere amata” Frutto del libero confronto vissuto nell’intero
Sinodo, che ha ricordato il clima sperimentato dai Padri conciliari al Vaticano
II, Amoris laetitia lascia cogliere “l’impronta personale di Papa Francesco”
non soltanto “nello stile che ha qualificato l’intero lavoro del Sinodo”, “ma
anche dalla presenza di temi teologico-spirituali e di scelte pastorali
rilevanti, che stanno fortemente a cuore al Papa argentino”. Lo scrive
l’arcivescovo Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo, testimone della
vitalità delle due tappe, come pure del ruolo esercitato in esse dal pontefice
“con discrezione, ma anche con guida attenta e sapiente”, aprendo la sua
introduzione all’Esortazione apostolica in formato e-book per i tipi
dell’Editrice La Scuola (pp. 280, euro 1,90 ) già disponibile. Nel solco dei
lavori sinodali, costellata di riferimenti a precedenti interventi
magisteriali, Amoris laetitia presenta lungo i suoi nove capitoli parti nuove,
alcune delle quali sin dall’inizio ispirate alla Sacra Scrittura. “A partire da
lì considererò la situazione attuale delle famiglie […]. Poi ricorderò alcuni
elementi essenziali dell’insegnamento della Chiesa circa il matrimonio e la
famiglia, per fare spazio così ai due capitoli centrali, dedicati all’amore. In
seguito metterò in rilievo alcune vie pastorali che ci orientino a costruire
famiglie solide e feconde secondo il piano di Dio, e dedicherò un capitolo
all’educazione dei figli. Quindi mi soffermerò su un invito alla misericordia e
al discernimento pastorale davanti a situazioni che non rispondono pienamente a
quello che il Signore ci propone, e infine traccerò brevi linee di spiritualità
familiare”, così scrive papa Francesco subito spiegando l’articolazione del
testo. Dalla visione biblica del matrimonio, della famiglia e della genitorialità
nel suo aspetto di amore fecondo e di responsabilità educativa verso i figli e
dalla complessità dei rapporti intergenerazionali (primo capitolo),
l’esortazione -facendo tesoro di molti
contributi presentati dai Padri sinodali, arricchiti da originali riflessioni
di Francesco- presenta poi con realismo (secondo capitolo) la situazione
attuale della famiglia, chiedendo alla Chiesa di offrire “spazi di
accompagnamento e di assistenza”. Con lo stesso realismo Francesco dopo aver
osservato come “nessuna unione precaria o chiusa alla trasmissione della vita
ci assicura il futuro della società”, si chiede: “Ma chi si occupa oggi di
sostenere i coniugi, di aiutarli a superare i rischi che li minacciano, di
accompagnarli nel loro ruolo educativo, di stimolare la stabilità dell’unione
coniugale?”. Lo fa notare Forte nella sua introduzione dove nota che papa
Francesco, più in particolare, rivendicando il ruolo spesso svalutato della
donna, si pronuncia sulle teorie cosiddette del “gender”: “Non si deve ignorare
che sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender), si
possono distinguere, ma non separare”. A seguire ecco (capitolo terzo) una
sintesi dell’insegnamento della Chiesa sul sacramento del matrimonio e la
vocazione della famiglia, nel cui quadro l’indissolubilità “non è innanzitutto
da intendere come giogo imposto agli uomini, bensì come un dono fatto alle
persone unite in matrimonio”, poi ribadendo che nella luce della pedagogia
divina manifestata in Gesù, la Chiesa si riconosce chiamata a rivolgersi “con
amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo imperfetto”. “Si può dire
che in questa esemplarità dell’amore del Verbo incarnato sta il fondamento
biblico e teologico delle vie di accoglienza, d’integrazione e di misericordia per
tutti che con questa Esortazione Apostolica Papa Francesco indica alla Chiesa
intera”, commenta Forte : che definisce
il quarto capitolo sull’amore nel matrimonio una splendida meditazione
sull’inno alla carità della prima lettera ai Corinzi di Paolo –evidenziando
come il papa si soffermi a precisare il senso delle espressioni di questo
testo, per tentarne un’applicazione all’esistenza concreta di ogni famiglia
(pazienza, benevolenza, rifiuto di ogni invidia, vanagloria e arroganza,
amabilità, distacco generoso, assenza di violenza interiore, perdono, capacità
di rallegrarsi con l’altro, di scusarsi, di dare fiducia), proseguendo con
sottolineature sull’ esigenza di crescere continuamente nella carità coniugale.
Tutto questo non senza spunti concreti, segno di una conoscenza dell’esperienza
d’amore vissuta da tanti coniugi (come le riflessioni sull’importanza dello
sguardo rivolto all’altro o il richiamo delle tre parole necessarie all’amore:
“permesso, grazie, scusa”, o il rifiuto di ogni spiritualizzazione astratta del
legame nuziale). “L’Esortazione presenta qui riflessioni che sono la più forte
smentita della convinzione per cui ‘la Chiesa molte volte è stata rifiutata,
come se fosse nemica della felicità umana’…”, commenta Forte evidenziando il
passaggio dell’esortazione dove afferma che “in nessun modo possiamo intendere
la dimensione erotica dell’amore come un male permesso o come un peso da
sopportare per il bene della famiglia, bensì come dono di Dio che abbellisce
l’incontro tra gli sposi” . La riflessione tocca poi un vertice di piena
umanità là dove si analizza la trasformazione dell’amore e della bellezza della
fedeltà duratura, ma pure dell’amore che diventa fecondo (capitolo quinto)
fermandosi sull’attesa, la nascita di un figlio, o l’adozione e l’affido,
considerando i rapporti intergenerazionali (figli, nipoti, nonni), dedicando il
sesto capitolo alle prospettive con cui esaminare le sfide oggi poste alla
pastorale familiare, ma ancor prima prematrimoniale e matrimoniale. L’atteggiamento richiesto dal pontefice ai
pastori nei confronti delle famiglie in crisi o di chi ha sperimentato il
fallimento del proprio legame nuziale deve essere comunque sempre quello
dell’accoglienza e dell’accompagnamento, sottolinea Forte: Che richiama il
passaggio centrale dell’esortazione: “Ai divorziati che vivono una nuova
unione, è importante far sentire che sono parte della Chiesa, che non sono
scomunicati e non sono trattati come tali, perché formano sempre la comunione
ecclesiale. Queste situazioni esigono un attento discernimento e un
accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento
che li faccia sentire discriminati e promovendo la loro partecipazione alla
vita della comunità. Prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un
indebolimento della sua fede e della sua testimonianza circa l’indissolubilità
matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità” . Se poi
il capitolo settimo sull’educazione dei figli è dedicato alla sfida educativa,
chiedendo lungimiranza nei metodi (“….Se un genitore è ossessionato di sapere
dove si trova suo figlio e controllare tutti i suoi movimenti, cercherà solo di
dominare il suo spazio. In questo modo non lo educherà…”), rilevanti appaiono
le indicazioni del capitolo ottavo ,tra accompagnamento, discernimento,
integrazione circa le diffuse fragilità
–che osserva Forte muovono dalla convinzione che la Chiesa deve
accompagnare e i suoi figli più fragili
ridonando loro fiducia”. Spiega il vescovo teologo che, in riferimento a convivenze
e unioni di fatto, l’esortazione - ribadendo con chiarezza l’esigenza per i
discepoli di Cristo chiamati al matrimonio di unirsi stabilmente nel vincolo
nuziale - invita ad affrontare “tutte queste situazioni in maniera costruttiva,
cercando di trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del
matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo. Si tratta di accoglierle e
accompagnarle con pazienza e delicatezza”. Francesco si rifà a san Giovanni
Paolo II circa la “legge della gradualità” (“una gradualità nell’esercizio
prudenziale degli atti liberi in soggetti che non sono in condizione di
comprendere, di apprezzare o di praticare pienamente le esigenze oggettive
della legge”). Circa il discernimento delle situazioni dette irregolari, si
ripropone la scelta fra la logica dell’emarginazione e la logica
dell’integrazione, l’unica conforme alla misericordia rivelata in Cristo:“Si
tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo
di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una
misericordia immeritata, incondizionata e gratuita. Nessuno può essere
condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo!”, si legge
infatti nel testo . Dunque non una nuova normativa canonica, ma l’incoraggiamento
“a un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari,
che dovrebbe riconoscere che, poiché il grado di responsabilità non è uguale in
tutti i casi, le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente
devono essere sempre gli stessi”. Un discernimento, affidato ai pastori, capace
di coniugare fedeltà alla dottrina della Chiesa e attenzione alle situazioni
concrete e al peso delle circostanze attenuanti. L’ultimo capitolo, il nono, è
dedicato alla spiritualità coniugale e familiare , pure spalancata su un
orizzonte di apertura e di dono generoso vissuto dalla famiglia . Lo sguardo
d’insieme al testo –è il commento conclusivo di Forte- ne evidenzia tre
caratteristiche. Prima “la marcata attenzione al pluralismo e all’inculturazione
della fede, in vista del superamento necessario di ogni forma di eurocentrismo
e di centralismo romano”. Poi “ la
costante coniugazione di realismo nella lettura dei problemi e delle sfide e di
misericordia nelle indicazioni per affrontarli e superarli” . Infine il
linguaggio usato: “concreto e colloquiale, ma sa essere anche evocativo e
poetico”. “Realismo e immaginazione, concretezza ed evocazione, sono peraltro
propri di ogni linguaggio al servizio della comunicazione della fede, e si ritrovano
variamente mescolati nell’Esortazione, in cui si avverte”- conclude Forte- “
che Francesco è il pastore da anni esercitato nel parlare di amore con amore
alla gente bisognosa di amare e di essere amata”.
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