“Fatto sta che c’era
una mignotta, seduta con le gambe a cavalcioni su una porta socchiusa, il viso
sempre in ombra e un anello incastonato nella pelle rugosa e gonfia di vita
nella mano che era poggiata sulla sedia. Era cosí brutta che per tutto il tempo
che ci mettevo a passarle davanti non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso.
Ogni sguardo, un particolare: L’unghia rotta sul pollicione. Il rossetto
sbafato, un dente mancante. La macchia di caffè sulla sottana. Il sopracciglio
sinistro interrotto da una cicatrice. Senza odore, senza un rumore, come in un
film a colori, a pochi colori: il bianco e il nero.
Alle sette di mattina,
lei era lí, pronta.
Un giorno senza sapere perché,
mi fermai, e le chiesi:
«E tu che fai qui?».
«Stò aspettà er tram»,
rispose lei”.
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