giovedì 30 giugno 2016
mercoledì 29 giugno 2016
Guida al cinema western a cura di Michele Tetro con la collaborazione di Stefano Di Marino. Dal 14 luglio per Odoya
Il western è l’unico
genere cinematografico in cui le produzioni di prima qualità sono pietre
miliari della storia del cinema e le produzioni “di serie B” sono cult
imperdibili da cineforum. Non esiste quasi nulla che si possa “buttar via”
della cultura cinematografia western e questo colossale volume ne è la prova. E
se le quasi settecento pagine che Tetro – con la massiva collaborazione di
Stefano Di Marino, narratore d’eccezione, che tratta il western delle origini e
del periodo “classico” di Hollywood – sviluppa si possono leggere
“becchettando” qui e là tra i vari capitoli, anche la lettura randomica
evidenzia la messe di grandi nomi tra attori, sceneggiatori e registi. Che la
storia del cinema e quella del western si intreccino è semplice da dimostrare:
l’incetta di Oscar che The Revenant (Alejandro González Iñárritu 2015) ha fatto
durante l’ultima edizione del premio dimostra che le grandi storie di frontiera
sono ancora in grado di affascinare. Mentre, al “capo opposto” della storia,
cioè al principio, c’è un film del 1903, The Great Train Robbery, che suscitò
tanta emozione con la celeberrima scena del cowboy (Gilbert Anderson, in
seguito noto come Broncho Billy) che fissa in camera e spara su un pubblico non
ancora avvezzo agli “effetti speciali” della visione cinematografica. «Mi
chiamo John Ford: faccio western». Così parlò negli anni più duri del
maccartismo Sean Aloysius O’Finney, chiamato a difendere il suo lavoro nel
cinema e ad affermare la fedeltà agli ideali americani. A simboleggiare che, benché
moltissimi “tirassero per la giacchetta” i grandi registi, le tematiche
politiche insite nei film fossero spesso il pretesto per creare atmosfere, far
emergere personaggi, raccontare, insomma, delle storie. Dopo aver analizzato,
dunque, ognuno con le sue variopinte peculiarità e nello specifico film del
periodo d’oro come Winchester 73, I magnifici sette (The Magnificent Seven,
1960), L’uomo che uccise Liberty Valance; il crepuscolare Il pistolero, Giubbe
Rosse del grande Cecil. B. De Mille, Notte senza fine (Pursued, 1947), Tamburi
lontani (Distant Drums, 1951), Quella sporca dozzina, 1967, di Robert Aldritch,
La conquista del West del 1962, voluto come kolossal e nato da una
collaborazione dei migliori professionisti dell’epoca, L’occhio caldo del cielo
(Rigsby), e tanti (tanti!!) altri, la guida procede sulla doppia direttiva
della cronologia e della varietà dei temi. Lo spartiacque è segnato da quel
momento incredibile della produzione artistica nostrana a cavallo tra gli anni
Sessanta e Settanta che diede vita allo “spaghetti western”: un ciclone capace
di insidiare la tramontante produzione hollywoodiana di genere. Tra i meriti
del glorioso filone italo-western l’emergere di alcuni mostri sacri come Sergio
Leone, Clint Eastwood, Franco Nero (il primo Django!!!) e Sergio Corbucci,
recentemente tributato da Tarantino. Doveroso tributo alla filmografia della
coppia, (oggi funestata dal lutto per la scomparsa del Pedersoli) Bud Spencer-
Terence Hill, valorizzata ai tempi per gli incassi che produceva e poco più,
viene oggi riscoperta per originalità e qualità. Dal fortunato Dio perdona…io
no! (Giuseppe colizzi 1967) in poi, si possono leggere nel dettaglio tutte le
apparizioni western (genere che li lanciò) della coppia Bud Spencer-Terence
Hill. E i giorni nostri? Ci si arriva, analizzando per esempio il rapporto tra
verità storica (c’è molta Storia, in questo volume) e finzione per quanto
riguarda la figura di John Glass, grazie al quale Leonardo Di Caprio ha vinto
il suo primo Oscar. Allontanandosi dalla “pista principale”, si arriva laddove
solo l’erudizione e la passione conducono. Per esempio forse non tutti sanno
che, recentemente, Daniel Craig e Harrison Ford hanno recitato in un film dal
nome esplicativo: Cowboy & Aliens! Il genere si rivela il luogo delle
contaminazioni. Ma i percorsi tematici non sono ancora finiti. Gli autori
compiono con disinvoltura lo sforzo di dedicare capitoli a sé stanti ai grandi
personaggi del West. Che notte piacevole sarebbe, per l’appassionato o per il
neofita, quella occupata da una maratona sulle tracce del personaggio di Django
o di Wyatt Earp (questo realmente esistito: fu il protagonista della sfida
all’O.K. Corral), o del generale Custer, di Wild Bill Hickoch, Calamity Jane e
chi più ne ha più ne metta.
Un libro monumentale,
insomma, come al solito riccamente illustrato e dalla grafica “mossa”, un
oggetto libro di cui andiamo orgogliosi e che speriamo abbia la fortuna delle
precedenti Guide.
Michele Tetro,
scrittore e giornalista, ha pubblicato racconti sulle riviste “OMNI”, “Futura”,
“L’Eternauta”, “Futuro Europa”, “Yorick Fantasy Magazine”. Ha curato
l’antologia H.P. Lovecraft-Sculptus in Tenebris: saggi ed iconografia
lovecraftiana (Nuova Metropolis), e con Roberto Chiavini e Gian Filippo Pizzo
ha scritto Il grande cinema di fantascienza: da “2001” al 2001, Il grande
cinema di fantascienza: aspettando il monolito nero, Il grande cinema fantasy
(Gremese), Mondi paralleli - storie di fantascienza dal libro al film (Della
Vigna) e altri. A sua sola firma è uscito Conan il barbaro: l’epica di John
Milius (Falsopiano). È tra gli autori della Guida al cinema di fantascienza,
della Guida alla letteratura horror e della Guida al cinema horror
(Odoya).
Stefano Di Marino, tra i più prolifici
narratori italiani, attivo per le collane Mondadori “Segretissimo” e “Giallo”,
da anni si dedica alla narrativa scrivendo romanzi e racconti di spystory,
gialli, avventurosi e horror. Per Fabbri ha curato Il cinema del Kung Fu e Il
cinema Horror. Per la Gazzetta dello Sport le collane Il cinema del Kung Fu
(diversa dalla precedente) e Gli indistruttibili - il cinema d’azione degli
ultimi vent’anni. Tra i suoi libri sul cinema Tutte dentro - Il cinema della
segregazione femminile (Bloodbuster Edizioni), Bruce e Brandon Lee (Sperling &
Kupfer), Dragons Forever - Il cinema marziale (Alacran), Italian Giallo - il
thrilling italiano tra cinema, fumetti e cineromanzi (Cordero Editore) e Eroi
nell’ombra - il cinema delle spie raccontato come un romanzo (Dbooks.it).
martedì 28 giugno 2016
WHITELEAVES … dalla natura, nel cuore, con le mani!
WHITELEAVES nasce nel 2013 da
un’esigenza, più che da un’idea studiata a tavolino.
Per Silvia Santoli, creatice del Brand
assieme a Marco Muccioli, realizzare monili è solo un “passatempo”, che però l’appassiona
molto. Poi sorge l’esigenza di trasformare questa passione un vero lavoro. Seduta sotto il melo del suo giardino Silvia ne
traccia i contorni e quell’albero, che diventa il primo modello di WHITELEAVES,
tutt’ora uno dei best seller della collezione e uno dei suoi preferiti. Il
nome? Arriva passeggiando tra le colline in cui vive con Marco e i suoi bambini,
ricordando momenti simili in Toscana con il nonno: in autunno, quando le foglie
iniziano a cadere, ce ne sono alcune che, una volta a terra, diventano velate,
setose e chiare, quasi bianche ... ecco perché WHITELEAVES! Sulle speciali
buste che fanno da packaging ai gioiello, si legge:
“Dalla
Natura, Nel Cuore, Con le Mani”
Dalla natura infatti viene l’ispirazione,
che è poi elaborata attraverso i sentimenti e prende vita con il lavoro delle
mani, tenendo fede alla tradizione artigiana. L’anallergicità e il rispetto per
l’ambiente rivestono molta importanza, per WHITELEAVES. Vengono utilizzati sono
l’ottone e il bronzo rigorosamente certificati e privi di elementi dannosi come
nickel e cadmio. Inoltre, sia in fase di
prototipazione che di pre-produzione, si cerca di limitare a massimo gli
sprechi di metallo, in alcuni casi rifondendo i piccoli scarti. Successivamente
ai campioni viene realizzata una gomma che dà il via alla produzione mediante
la tecnica della fusione a cera persa (microfusione) per poi passare alla galvanizzazione
(bagno in oro nei vari colori) ed infine alla verniciatura (cataforesi) che assicura
una maggior tenuta del colore. Le perle in ceramica che arricchiscono i
gioielli, tutte diverse l’una dall’altra, sono realizzate a mano da ceramisti
locali e tinte con colori di derivazione naturale.
WHITELEAVES è una start-up nata da un’esigenza
concreta ma anche dalla voglia di tenere vive le tradizioni, di valorizzare le
qualità che caratterizzano l’artigianato Italiano, forte della cura per il
dettaglio, dell’amore per i lavori manuali e dell’arte che tutt’intorno si respira.
lunedì 27 giugno 2016
Del Vecchio Editore pubblica in Italia I dodici cerchi di Yuri Andrukhovych con la traduzione di Lorenzo Pompeo. In libreria il 30 giugno 2016
Nel 1990, Karl–Joseph
Zumbrunnen, fotografo austriaco con radici galiziane, viaggia più volte
attraverso l’Ucraina alla ricerca delle proprie origini. Gli spasmi di questa
nazione nuova di zecca, l’incongrua miscela di una occidentalizzazione brutale
e improvvisa, di un nazionalismo montante, del folklore tradizionale e delle
nostalgie asburgiche e sovietiche lo affascinano con forza. Il caos della
transizione dal socialismo reale gli sembra infinitamente più attraente
rispetto alla noiosa vita
in
Occidente – soprattutto perché si è innamorato della sua interprete Roma
Woronytsch. Zumbrunnen la accompagna in un viaggio mozzafiato attraverso le
montagne dei Carpazi fino alla “Locanda sulla luna”, una stazione sovietica di
spionaggio trasformata
in
un moderno complesso sportivo. Qui, tra
cineasti, spogliarelliste, guardie del
corpo, furfanti e intellettuali, passato e futuro si incontrano e l’idea di
frontiera perde qualunque significato. Con uno stile incantato e magistrale
Andrukhovych ci conduce per mano, da un punto di vista immaginario e realissimo
allo stesso tempo, attraverso un intenso volo notturno geopoetico nel cuore
dell’Europa e della nostra identità occidentale
Yuri Andrukhovych, nato
nel 1960 in Ucraina, è romanziere, poeta, saggista, intellettuale di
nazionalità ucraina. Oltre a essere un autore di culto in Europa centrale, è
stato attivista del movimento democratico del Maidan e ha partecipato
attivamente alla Rivoluzione Arancione. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra
cui il PREMIO PER LA PACE ERICH MARIA REMARQUE nel 2005 e il PREMIO HANNAH
ARENDT nel 2014.
I giardini diventano sempre più piccoli e la manutenzione sempre più tecnologica
«Da una media di 1.200
siamo arrivati a 250 mq: le aree ideali per un robot rasaerba», spiega Neumann
Italia. Giardini sempre più piccoli, ma sempre più automatizzati. Alla voglia
di verde risponde la tecnologia con soluzioni che garantiscono il minimo impegno
e un prato sempre in ordine. «Negli ultimi cinque anni la superficie media dei
giardini privati è drasticamente calata», osserva Massimiliano Pez, general
manager di Neumann Italia azienda leader nella robotizzazione e nelle soluzioni
automatizzate per l’outdoor. «Siamo passati da una media di quasi 1.200 metri
quadrati a poco più di 250 mq, con casi di giardini pensili che faticano ad
arrivare ai 50 mq». Senza arrivare al bosco verticale di Milano, per garantire
un minimo di verde alle abitazioni le soluzioni adottate dai progettisti sono
state delle più diverse arrivando a ricavare prati e aiuole in ambiti angusti. «Il
giardino è considerato sempre un valore aggiunto. Assicura il contatto diretto
con la natura e permette abbellire la stessa casa, tanto che il verde esterno è
percepito come parte complementare degli spazi interni. E l’attenzione che
viene posta nell’arredo e nella pulizia del soggiorno si riflette su un
giardino che, quindi, deve essere ben curato e sempre a posto», osserva Pez. In
quest’ottica si pone però un problema: la manutenzione. «Spesso infatti sono
ricavati in spazi angusti e all’interno di complessi condominiali dove è
difficile accedere con rasaerba tradizionali, senza contare il fastidio di
dover raccogliere l’erba tagliata e la rumorosità. L’automazione rappresenta la
soluzione. Come si fanno impianti di irrigazione che sollevano dalle incombenze
quotidiane di dover bagnare il prato, i moderni robot rasaerba sono macchine
capaci di operare in autonomia e che, grazie alla sempre più evoluta
tecnologia, garantiscono efficienza e semplicità di utilizzo».
Neumann Italia ha
sviluppato uno specifico robot rasaerba capace di muoversi anche negli spazi
più angusti. «Il nuovo MiniMission è stato progettato per essere a suo agio negli
spazi piccoli». Spiega il general manager: «Abbiamo riprogettato il sistema di
navigazione per permettere al rasaerba di muoversi in totale autonomia anche in
ambiti ristretti e di operare in situazioni che fino a poco tempo fa potevano
apparire impossibili. Il sistema brevettato Yao - Yard Algorithm Optimizer - è
stato integrato con un sistema a doppio sensore frontale: così non solamente la
posizione viene letta con maggiore precisione, ma anche gli ostacoli che
possono presentarsi sul percorso vengono aggirati con cura, senza però lasciare
spazi con erba non tagliata. Questo, unito al nuovo sensore di inclinazione,
garantisce l’operatività del robot senza inconvenienti». Inoltre con un robot
rasaerba, «non c’è la necessità di raccogliere l’erba tagliata: passando
frequentemente, la parte sfalciata non rappresenta un problema, anzi, diventa
il concime naturale per il terreno e permette di trattenere l’umidità facendo
anche risparmiare sul consumo di acqua per l’irrigazione».
Neumann Italia - Con
oltre 50 anni di storia nell’automazione e robotica industriale, il gruppo
tedesco Neumann arriva in Italia nel 2012 con il marchio Mission, una gamma di
prodotti per la manutenzione del giardino che risponde a tre principi: miglioramento
della qualità della vita, rispetto dell’ambiente e riduzione delle emissioni
nocive. Dal 2005 infatti la tecnologia Neumann si è concentrata sullo sviluppo
di soluzioni innovative dedicate all’outdoor puntando esclusivamente su
applicazioni elettroniche e batterie al litio ad alta efficienza energetica.
Fanno parte della gamma di Neumann Italia sistemi automatici per la
manutenzione del manto erboso e prodotti per la cura di arbusti, alberi e
fogliame. Neumann è l’unica multinazionale ad operare nel settore garden con
una rete diretta di consulenti che vistano i clienti e li informano sulle
migliori soluzioni per il loro giardino. www.neumannrobotics.it
lunedì 20 giugno 2016
domenica 19 giugno 2016
sabato 18 giugno 2016
giovedì 16 giugno 2016
ALESSIO TUNDO NUOVO PRESIDENTE GRUPPO GIOVANI IMPRENDITORI
E’ Alessio Tundo il
nuovo presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Lecce per il
triennio 2016/2019.
Classe 1980, già
vicepresidente del Gruppo nei mandati di Ennio Montinaro e di Vincenzo
Portaccio, Alessio Tundo è sposato, con due figlie, nutre una profonda passione
per il suo Terranova Leopoldo, oltre a vantare una lunga militanza nel sistema
confindustriale: attuale consigliere di ANCE Lecce, della Sezione Ambiente di
Confindustria Lecce e membro del Consiglio Generale della stessa, ha al suo
attivo 17 anni di iscrizione e partecipazione alle attività associative, in
particolare del Gruppo. Imprenditore di terza generazione nel settore
dell’edilizia pubblica, è amministratore unico della Tundo Srl, società
specializzata nella costruzione di opere pubbliche, nonché protagonista, sullo
scenario nazionale, della progettazione e dello sviluppo di un servizio
all’avanguardia, concernente bonifica ambientale, messa in sicurezza e
ripristino delle condizioni di sicurezza e viabilità stradale compromesse dal
verificarsi di incidenti stradali. La Tundo Srl, negli anni, ha diversificato
la propria attività al fine di raccogliere le sfide del settore ecologico e
ambientale, spaziando dal trasporto dei rifiuti, all’ideazione e studio
dell’arredo urbano fino all’ingegneria naturalistica. Visibilmente emozionato
per la responsabilità dell’incarico, consapevole dell’impegno e dei risultati
ottenuti dalla presidente uscente Viola Margiotta, Alessio Tundo ha subito
ringraziato la collega per aver contribuito al rilancio delle iniziative dei
Giovani di Lecce che oggi, oltre ad essere cresciuti nel numero, ricoprono
incarichi anche a livello nazionale: “Sono grato a tutti i colleghi per la
fiducia accordatami – ha detto il neo presidente Tundo – ma soprattutto rivolgo
un abbraccio e un grazie sentito a Viola Margiotta, alla quale mi legano
affetto e progettualità condivise. Il suo è un passaggio di testimone
importante per l’instancabile lavoro svolto e per la capacità di tenere unito
il Gruppo. Spero di condurre questo mandato con lo stesso entusiasmo e la
medesima voglia di fare, puntando ad obiettivi sempre più alti”. Il presidente
Tundo ha, poi, continuato: “Sono consapevole di essere stato chiamato a guidare
i Giovani Imprenditori di Lecce in un momento molto particolare sia per il
sistema associativo, sia per l’economia territoriale. La fotografia attuale non
è delle migliori: servono impegno e dedizione, carattere e convinzione, tutte
caratteristiche che appartengono ai giovani e che possono costituire una sponda
non da poco per sviluppare idee di crescita per le imprese e il territorio. Il
nostro sarà un lavoro a sostegno della presidenza di Giancarlo Negro, in
un’ottica di collaborazione e stimolo sulle tematiche care al Gruppo”. Motivazione
all’appartenenza, ampliamento della base associativa, implementazione delle
comunicazioni con i Giovani di Ance,
coinvolgimento su deleghe specifiche, ulteriore attrazione delle start-up come
fucina di innovazione e cambiamento positivo, incrementare i rapporti con il
sistema della formazione scolastica ed universitaria, nonché con il mondo della
ricerca in senso stretto, confronto con le istituzioni su tematiche giovanili,
sono le linee guida di un programma corposo che necessita certamente della
collaborazione di tutti i colleghi per essere portato avanti. Tra gli applausi
generali, sono stati eletti, componenti del Consiglio direttivo dei Giovani
Imprenditori di Confindustria Lecce: Stefano Franco; Gabriele Greco, Giorgio
Giangreco, Lorenzo Mello, Michele Montinaro, Alessio Nisi, Francesco Palazzo,
Federica Scorza. Al presidente Tundo, ai consiglieri del Gruppo Giovani sono
giunti gli auguri di buon lavoro da parte del presidente di Confindustria
Lecce, Giancarlo Negro, il quale ha rimarcato l’importanza dell’attività dei
giovani dal punto di vista delle proposte, delle iniziative e dell’innovazione:
“i giovani sono il nostro futuro – ha detto il presidente Negro - ed è su di
loro e con loro che dobbiamo lavorare per costruire il domani che tutti
auspichiamo. In bocca al lupo per questa nuova esperienza”.
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